La Determinazione e il Coraggio di Non Arrendersi Mai: La Storia di Roger Federer
by FEDERICO COPPINI
Mi sono sempre considerato un appassionato di tennis, fin da quando ero bambino e vedevo i campioni del passato darsi battaglia sui campi più prestigiosi del mondo. Il tennis, per me, non è solo uno sport, ma un vero e proprio modo di vivere, una lezione continua di vita che ci insegna a non mollare mai, a lottare per raggiungere i nostri obiettivi, a credere in noi stessi anche quando tutto sembra andare storto. E proprio su quest'ultimo punto, vorrei raccontarvi una storia che mi ha sempre ispirato e che spero possa ispirare anche voi.
Si tratta della storia di uno dei più grandi campioni di tennis di tutti i tempi, Roger Federer. In molti lo conoscono come il campione elegante, tranquillo e sempre sorridente, ma quello che forse non tutti sanno è che i suoi inizi di carriera furono tutt'altro che facili. Federer, infatti, non era considerato un enfant prodige, non era il ragazzo di cui tutti parlavano e in cui tutti credevano. Anzi, proprio il contrario.
"Oggi tutti mi vedono come un uomo tranquillo, ma i miei inizi di carriera furono allucinanti. Ci fu un allenatore che al mio primo torneo, dopo aver perso pesantemente, mi disse: 'Al massimo puoi fare il caffè in un bar con quelle mani. Non hai talento ragazzo.' Quel tipo, mi fece crescere una rabbia dentro, tale da cambiare radicalmente personalità", racconta Federer.
Questa frase, che avrebbe potuto abbattere qualsiasi ragazzo della sua età, fu invece il trampolino di lancio per il giovane Roger. Quella rabbia che gli era stata instillata, si trasformò in una forza interiore che lo portò a lavorare sodo, giorno dopo giorno, notte dopo notte. "Mi alzavo di notte per andare ad allenarmi fuori casa mia. Accendevo le luci in giardino e tiravo 100/1000 palle contro il muro. Provavo, il diritto, il rovescio, e continuavo a provare fino a quando non mi convincevo che quel determinato colpo era uscito perfetto", racconta Federer.
Ma non fu un percorso facile, ci furono momenti bui, momenti di sconforto, momenti in cui sembrava che il mondo intero fosse contro di lui. "C’e stato addirittura un tempo in cui ero solito scagliare in giro la mia racchetta, e quando avevo sedici anni, mi hanno persino cacciato dall'allenamento della federazione. A 17 anni la mia famiglia decise che dovevo andare dallo psicologo, perché avevo scatti d’ira improvvisa", racconta ancora il campione svizzero.
Ma Federer non si è mai arreso, ha continuato a lavorare sodo, ha continuato a credere in se stesso, e alla fine è arrivato dove voleva essere, in cima al mondo. "Dopo essere diventato il numero uno nel 2004, mi venne in mente anche l’idea di smettere. Dopotutto avevo raggiunto il massimo che potevo sperare. Poi mi sono detto: 'Continua Roger, perché non sai fare altro, tutto quello che viene dopo consideralo come un bonus'", racconta Federer.
E oggi, quando vince un torneo, quando si trova sul gradino più alto del podio, non ha paura di mostrare le sue emozioni. "C'è gente che quando vince non sorride. E c'é gente che dopo avere vinto, non smette di sorridere per settimane. Io sono il genere di persona che lascia scorrere le lacrime. Le lascio cadere perché ripenso a quando quell’allenatore, mi disse, che non sarei andato avanti nel tennis. Penso a quei momenti, penso a quanti sacrifici ho fatto per arrivare in alto. Devo ringraziarlo però, perché soprattutto nei primi anni di carriera, mi ha dato lo stimolo per andare avanti. Mi ha dato la forza interiore per dimostrare al mondo chi potevo essere", conclude Federer.
Queste parole di Federer sono per me una fonte di ispirazione continua. Quando mi trovo di fronte a un ostacolo, quando sento che le cose non stanno andando come vorrei, penso a lui, al suo percorso, alle sue difficoltà, e trovo la forza di andare avanti, di non mollare, di credere in me stesso. E questa è la lezione più grande che il tennis, e Federer in particolare, mi hanno insegnato: non lasciarsi mai abbattere, lottare sempre per raggiungere i propri obiettivi, e credere in se stessi, sempre e comunque.
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