Bob Brett protagonista del documentario di Diego Vida



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Bob Brett protagonista del documentario di Diego Vida

Bob Brett nasce a Melbourne nel 1953. Mentore, coach, padre di vita. Per Harry Hopman, titolare di ben 7 Australian Open e divenuto poi il coach di Vitas Gerulaitis e John McEnroe, da cui viene spinto ad allenare André Gomez. Ha seguito anche Johan Kriek, ma soprattutto Boris Becker. Nel 1991 viene assunto dal padre di Goran Ivanisevic e fino al 1995 stringe una partnership che porta i due a raggiungere la vetta del ranking.  Dal 1996 allena l'Ucraino Andrei Medvedev, portandolo in finale al Roland Garros del 1999, successivamente Nicolas Kiefer facendogli raggiungere la quarta posizione del ranking.

Bob Brett si è spento agli inizi del 2021 ancora in attività nella sua Academy di Sanremo a 67 anni con un vivaio di giovani promesse. Parlando del documentario dedicato a Bob Brett, presentiamo il produttore cinematografico Diego Vida. Allievo della stessa accademia di Lugano di Bob Brett chiamata Bob Brett Tennis Camp e compagno di corso di Thierry Guardiola, Daily Randriantefi, e il già citato Andrei Medvedev, che ha realizzato un docu-storico dedicato al lavoro di Brett in occidente.

Diego Vida è un multitalent: sportivo, regista, sceneggiatore, musicista, giornalista, direttore della fotografia, game producer e produttore cinematografico italiano. Per 15 anni ha creato animazioni, producendo effetti speciali per il cinema, la televisione e i videogiochi. Ha collaborato con alcune delle principali produzioni di Hollywood come Universal Pictures, Paramount, Warner Bros, Sony e Dreamworks. Negli anni 90 è stato un tennista professionista classificato B3 in Italia e N3 in Svizzera.
Abbiamo avuto l'opportunità di farci una chiacchierata con lui e di conoscere più da vicino il suo lavoro.

L'intervista

Un artista poliedrico. "Ricercatore! sono un gran rompiscatole della ricerca, tant'è che per deformazione professionale vado sempre a fondo nelle cose, e chi mi segue rimane ipnotizzato per poi svegliarsi e dire "ma perché non ci ho mai pensato?"

Italiano, siciliano, ed europeo, un cittadino nomade che ha girato il mondo. “Mi sono occupato di effetti visivi in computer grafica e per lavoro ho visto un po’ tutta l’Europa: Germania, Inghilterra e Grecia. L’America tra Canada e Stati Uniti. Purtroppo non sono riuscito ad andare in Russia, spero un giorno di poterlo fare perché è bellissima. Il Giappone mi è rimasto nel cuore perché rappresenta il modello migliore da seguire. Un sistema con i suoi pregi e i suoi difetti, ma che rimane sempre educato, pragmatico, affidabile e lavorativamente stabile. Non esiste la mancanza di rispetto verso il prossimo, ma esistono delle regole che vanno rispettate, altrimenti si rischia davvero”.

Giappone. “È semplice lavorare nel cinema. Essendo fan di videogiochi e miniature di super eroi e action figure ci sono negozi accessoriati di tali prodotti nuovi e retrò soprattutto nel quartiere di Akihabara per chi vuole rimanere sbalordito. Un mio amico ha una officina a Yokohama e l'ho pubblicato diverse volte su riviste e trasmesso in TV insieme alla Veilside, la concessionaria di auto JDM che ha preparato e fornito le auto per tutti e 5 i film di Fast and Furious. Quando ho intervistato il proprietario c'erano esposte le Mazda RX7 che guidava Vin Diesel nel primo film e anche l'altra RX7 guidata da Sung Kang nel terzo film: Fast and Furious Tokyo Drift. A chi piace il Giappone e cerca un primo impiego può trovarlo nell'insegnamento della lingua Italiana e Inglese oppure come receptionist di hotel. Certamente trovandosi direttamente in loco poiché oggi non sponsorizza quasi più nessuno il visto lavoro a distanza. Imparare la lingua non è difficile, anzi in un paio di anni si può raggiungere un buon risultato e passare poi ad aziende più importanti”

Non solo, Diego Vida è stato un giocatore di tennis classificato N3 in Svizzera e B3 in Italia. "Innanzitutto non avrei mai pensato di volere giocare a tennis, a me piacevano il calcio e lo sci. Un giorno i miei genitori mi portarono al circolo del tennis per una festa in piscina di un mio compagno di scuola e decisero di iscrivermi al corso estivo. Dovevo fare 12 anni quando iniziai ad allenarmi, in 2 anni avevo raggiunto degli ottimi risultati vincendo i tornei provinciali Under 14 poi regionali, italiani, NC e C/B. Scartando 3 maestri pessimi che ho avuto all'inizio poiché erano più interessati al guadagno che all'allievo tanto che altri miei compagni di corso che come me potevano avanzare di classifica già a 14 anni venivano  abbandonati a loro stessi, senza nemmeno farli avanzare di corso. Molti non sapevano che si potevano acquisire le classifiche per richiesta del circolo tramite il maestro, o per i risultati anche nei vari turni dei  tornei dai provinciali in su. Questi maestri hanno bruciato carriere di tante promesse. Il livello del tennis in Sicilia era così alto che c'erano NC fortissimi proprio come dei C1, addirittura giocatori che non si facevano passare di categoria, ma retrocedere per rimanere NC e vincere tanti tornei. Il mio accesso all'accademia di Bob Brett è stato un caso fortuito, perché si poteva fare il salto da NC a C2 e da C2 a B3 e io ero C2 poi avanzato in B3. Le classifiche in quel periodo lo ricordo erano da B1 a B4 e da C1 a C4. A fine anni 90 tolsero il 4 automaticamente i B4 divennero B3 come nel mio caso appunto. Un giorno un ragazzo di un altro circolo che l'anno prima non sapeva nemmeno tenere un palleggio di una ventina di scambi in progressione poiché falloso, tornò molto migliorato dall'Accademia del coach di André Agassi, ossia il mitico Nick Bollettieri che aveva aperto nel 94 nel Nord Italia. Così iniziai a cercare attraverso le riviste di tennis, finché trovai l'accademia di Bob Brett che apriva l'anno seguente a Lugano in Svizzera"

Bob Brett, il Coach. “Aveva diverse accademie in giro per l'Europa, non faceva nulla senza il suo migliore amico e partner doppista di Coppa Davis, Bill Durham, che gli curava il team in sua assenza. Bob passava una volta al mese per stare con noi una settimana intera. Un ometto poco più alto del net, con un gioco vecchio stile che bucava il campo con palle cariche che per rialzarle bisognava mettersi in ginocchio. Quel dritto e rovescio di paletta entrava sempre, anche quando si pensava che uscisse, purtroppo beccava puntuale il fondo prima della riga e in cemento ed indoor era ancora peggio, da spezzarsi in due le gambe per  tirare su quei siluri che se fossero stati in top spin sarebbero stati gestibili. Bob entrava in campo, illustrava, e supervisionava nel suo team c'era un istruttore, un simpaticissimo tedesco di prima categoria che si chiamava Andy e il  maestro Bill l'amico storico di Bob che fra le altre cose con la sua  famiglia ci dava supporto e controllo come se fossimo i suoi figli. Bob ci faceva sedere a bordo campo per mostrarci le tecniche da eseguire, a rete soprattutto visto che lui era un doppista, ci allenava parecchio al serve and volley, infatti i suoi campioni Becker, Ivanisevic e Medvedev adottavano questo schema. Ad oggi in uso solo da pochissimi tennisti dato che il tennis odierno è giocato di più sull'intrattenimento da fondo con palle cariche per rendere lo spettacolo apprezzato dai fan, ma che quando capita il tennista di turno che sa il fatto suo come un Nick Kyrgios che scende a rete, certamente ti fa barba e capelli chiudendo il punto immediatamente"

Come nasce il documentario su Bob Brett?  "Se ricordiamo altri coach come il prima accennato Nick Bollettieri, si può certamente dire che Bob Brett era la controparte per l'Est visto che ha portato in auge due numeri uno del mondo come Boris Becker e Goran Ivanisevic. È chiaro che Bob ha fatto una bella impresa dall'Australia venendo in  Europa; il continente Oceanico è da sempre stato un altro mondo per gestione, politica ed economia. Anche le produzioni cinematografiche a parte Mr Crocodile Dundee, la trilogia Mad Max Interceptor, Matrix e il Signore degli Anelli non ha mai avuto un’influenza come le industrie occidentali, ed anche nello sport stessa sorte, per cui la sfida di Bob alla conquista dell'occidente non è stata per niente facile. Un campione del tennis australiano e allo stesso tempo un bravo imprenditore che ci ha saputo fare. Se ne sarebbe dovuto parlare tanto, ma è anche vero che il mondo di prima non offriva accesso facilitato alla tecnologia di oggi e molte cose non potevano essere pubblicate in ogni paese. Per quei pochi fortunati che sono arrivati nell'era social hanno potuto mantenere in attività la loro immagine ed azienda. Dato che avevo delle videocassette con delle riprese ho pensato di fare un documentario su questo grande campione. Spesso noi abbiamo la visione di un maestro che con la sua età possa non essere più in grado di giocare ad alti livelli con i propri allievi - campioni, ma quando vidi Bob prendere a pallate Medvedev sono rimasto senza parole. Se dovessi iniziare oggi con la consapevolezza di quanto acquisito negli anni, chiederei a Bob di insegnarmi il suo tennis, senza impugnatura west, senza top spin, ma giocando come loro bello di paletta e prediligerei solo campi in cemento ed erba, per fare serve and volley, il vero tennis. Per dirlo io che ero un terraiolo, gran pallettaro e salumiere slicer di professione avrebbero dovuto mettermi con gli spagnoli di quel periodo che erano gli astronauti del tennis, davvero per come giocavo sarei dovuto andare ad allenarmi con Berasategui"

La semplicità delle piccole cose. “Riguardo a Bob ho un aneddoto soltanto. Ricordo quando arrivava in accademia di pomeriggio e noi lo aspettavamo con ansia affacciati alle finestre dell'hotel. Lui ci chiamava da sotto dicendo di prepararci perché ci avrebbe aspettati in campo. Era una persona solare, sempre con il sorriso sulle labbra  e i modi ineccepibili di un maestro che aveva cura degli allievi e che li portava avanti nel loro percorso"

Come verrà distribuito il documentario? "Quando sarà ultimato nei film festival, anche se sarebbe più opportuno farlo nei circoli più facoltosi di ogni provincia, eventualmente lo proporremo al canale Super Tennis. Mi piacerebbe avere la voce del grande Rino Tommasi, negli anni 90 lo seguivo su Tele+ insieme allo storico e scomparso Gianni Clerici. Era un piacere ascoltarli"