A meno di future vittorie Slam, molto probabilmente in Italia Hyeon Chung sarà ricordato in modo sempiterno come “quello che perse contro Quinzi nella finale di Wimbledon Juniores”, ma anche fuori dallo Stivale non è che la fama del coreano stia toccando le vette che i risultati sul campo lascerebbero presagire, anzi.
Fuori dai confini nazionali – dove è ovviamente una star, vista anche la penuria di fenomeni sportivi – l’immagine di Chung fa una maledetta fatica a raggiungere standard accettabili. E neanche la vittoria nelle iper-pubblicizzate Next Gen Finals pare aver svoltato lo status mediatico del coreano.
È doveroso ribadire che nell’era dominata dai social network, Chung ci mette del suo per restare nell’ombra: non ha un account Twitter, su Facebook i suoi post hanno più o meno una cadenza mensile, mentre va poco meglio su Instagram.
Tutto ciò, sommato a una presenza scenica in campo tutt’altro che appariscente, fanno di Chung una sorta di antipersonaggio. «La vita nel tour mi permette di vedere molti atleti sia occidentali sia asiatici – ha dichiarato a ESPN.com dalla Thailandia dove sta preparando la prossima stagione – posso avere rapporti con i miei colleghi e i loro allenatori, dunque non sono solo.
Ovviamente mi piacerebbe vedere più tennisti asiatici in futuro». Sempre al sito di ESPN Nick Bollettieri, che lo ha ospitato nella sua accademia per due anni dopo i successi da under 12 all’Eddie Herr e all’Orange Bowl, dice di lui: «onestamente, pochi pensavano che sarebbe arrivato così in alto.
Era un po’ piccolo, ma era un buon colpitore. Probabilmente è stato oscurato da Nishikori». È, invece, storia nota quella secondo cui i genitori lo hanno spinto a giocare a tennis paradossalmente per risolvere i suoi accentuati problemi di vista: «ho un alto livello di astigmatismo – dice lo stesso Chung – ho dovuto portare gli occhiali sempre, ma ora gli occhiali sono diventati parte del mio corpo e non è difficile giocarci».
Nonostante una discreta mole di infortuni che gli ha impedito di giocare una parte importante di stagione – che conta peraltro anche il torneo di Wimbledon - Chung ha chiuso l’anno al numero 58 del ranking, toccando a novembre anche la quarantaquattresima piazza, che resta il suo massimo in carriera.
Molti suoi coetanei hanno il problema di essere sovraesposti mediaticamente rischiando così di attirare aspettative troppo grandi da sostenere. A Chung, invece, basterebbe essere più social e vicino ai mezzi dei giorni nostri. O forse, più verosimilmente, non gli interessa.