Stan Smith non è solo una scarpa da ginnastica. Una precisazione necessaria per i ragazzi di questa generazione. Il primo, e mitico, vincitore delle ATP Finals (che nel 1970 si disputavano a Tokyo) ha aperto il libro dei ricordi al Corriere della Sera insieme a Gaia Piccardi.Il californiano ha parlato del più forte mai affrontato («Penso che siamo tutti d'accordo nel dire che, per conquistare due volte tutti e quattro gli Slam nello stesso anno solare, devi essere un po 'speciale.
La risposta, quindi, è facile: Laver ») ma ovviamente anche del più forte di sempre.
«In una mia classifica di ogni tempo dopo Roger metto Rod, Novak Djokovic e Rafa Nadal a pari merito, Pete Sampras e Bjorn Borg».Inevitabile, poi, una nota su Arthur Ashe. «Un gran tennista e una persona, se possibile, ancora migliore. Il padre Arthur senior gli aveva insegnato il rispetto e lui era incapace di giudicare gli altri. Aveva carisma, empatia.
A Houston non gli permisero di entrare in spogliatoio in quanto nero: lui si cambiò nel corridoio e giocò, senza un lamento. Non era accettata ma accettava le diversità».
Stan Smith: tra Laver, Federer e...
Sinner
Cosa ne pensa Stan Smith di Jannik Sinner? Facile. «L'ho anche visto in azione alla tv: a New York e Parigi. Ha un tennis a tutto campo che mi ha impressionato e un buon atteggiamento. Ora che ha vinto il primo titolo Atp e che l'Italia fa il tifo per lui, determinante sarà come gestisce il successo e le attenzioni.
La testa, nel tennis, è tutto. Ma non sarà una meteora: su questo mi sento di sbilanciarmi ». E cosa ne pensa Stan Smith… delle Stan Smith oggi? «Fu una grande idea dell'Adidas, che sostituì le iconiche tre strisce laterali con tre buchini di aerazione.
Mi fa piacere che la scarpa mantenga vivo il mio nome. Ed è ufficiale, Stan Smith usa le Stan Smith» ha concluso ridendo. Photo Credit: Getty Images/AF