Amarcord, quell’indimenticabile Federer Nadal a Roma nel 2006



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Amarcord, quell’indimenticabile Federer Nadal a Roma nel 2006

Era il 14 maggio del 2006. Quella domenica entrai al Foro Italico intorno alle 11.30 sperando di imbattermi in qualche match interessante nell’ultima giornata di qualificazioni femminili, prima del big match delle 15.

Sì, perché qualche ora più tardi era in programma la finale del tabellone maschile tra Federer e Nadal, rivalità che in quel momento era agli inizi ma che già destava tra gli appassionati moltissimo entusiasmo dal momento che vedeva scontrarsi il numero uno del mondo incontrastato contro l’astro nascente del tennis mondiale che sulla terra battuta sembrava essere imbattibile.

La sensazione che ebbi entrando nel complesso dei campi secondari fu diversa dal solito. Mi accorsi subito che il pubblico era più numeroso del solito, molti che avevano il biglietto per la finale del pomeriggio erano venuti molto tempo prima, come avevo fatto io.

In genere, a dirla tutta, i match di qualificazione femminile non è che destassero poi tutto questo interesse, ma quella mattina c’era un’atmosfera particolare, quasi di impazienza, come se molti già sapessero che quella del pomeriggio sarebbe stata una delle finali più belle nella storia nel torneo.

Non c’erano giocatrici italiane in campo in quel momento, così per ingannare il tempo scelsi un match a caso. In quel momento si stavano sfidando una diciassettenne bielorussa, tale Viktoryja Azarenka, e una trentenne spagnola, Maria Sanchez Lorenzo.

Restai impressionato dalla struttura fisica e dalla potenza della ragazzina che dominò il match: 6-2 6-2. “Questa farà strada” è il pensiero che mi frullava in testa mentre mi recavo a pranzo.

Nonostante mancasse un’ora abbondante all’inizio della partita decisi di entrare lo stesso e prendere posto in quello che era il “vecchio” centrale, ed entrando mi colse un pò la stessa sensazione che avevo avuto la mattina nei campi secondari, cioè che nonostante mancasse ancora un bel pò, il centrale era già pieno per oltre la metà della capienza.

Per ingannare un pò l’attesa mi concentrai sull’almanacco che mi era stato consegnato all’ingresso, dove veniva raccontato il cammino dei due giocatori fino alla finale: Federer dopo aver superato agevolmente i primi turni contro Chela, il nostro Potito Starace e Stepanek, rischiò molto sia contro Almagro ai quarti dove prevalse per 7-5 al terzo, ma soprattutto contro l’argentino Nalbandian, di cui riuscì ad avere la meglio in semifinale solo al tiè break decisivo; Nadal invece ebbe un percorso nettamente più agevole, l’unico che riuscì a levargli un set fu al primo turno quello che oggi è l’attuale allenatore, cioè Carlos Moyà, dopodiché ebbe strada spianata contro Volandri, Henman, Gonzalez e anche in semifinale contro Monfils.

Tra l’altro quella sarebbe stata l’ultima edizione del torneo che prevedeva una finale al meglio dei cinque set, sarebbe infatti entrata in vigore dall’anno successivo la regola che avrebbe portato le finali dei Master 1000 al meglio dei tre set.

Altro motivo per cui sembrava già scritto che dovesse essere una partita memorabile. E così fu. L’attesa venne ripagata tutta.

Qualità fin dai primi game

Già dai primi game il gioco fu di altissima qualità con un tema tattico chiarissimo: lo svizzero che attaccava appena aveva un centimetro in più di campo cercando di prendere la rete il più possibile; lo spagnolo contrattaccava cercando di ribaltare lo scambio con le sue traiettorie mancine cercando all’esasperazione il suo fantastico diritto.

Ne venne fuori uno dei match più belli di sempre, che vide mille capovolgimenti, scambi fantastici e momenti emozionanti che infuocarono il centrale per oltre cinque ore. Alla fine prevalse Nadal con un punteggio che da solo spiega un po’ tutto: 6/7 7/6 6/4 2/6 7/6 (5).

Dopo quel match fu un pò chiaro a tutti che la sovranità di Federer era ormai in discussione e che lo svizzero aveva un rivale vero, e non solo sulla terra battuta, cosa che verrà confermata due anni dopo in un’altra storica finale che i due giocarono a Wimbledon nel 2008.

L’ultimo ricordo di quel giorno è la folla sul lungotevere alla fermata dell’autobus per tornare a casa, alcuni avevano ancora l’adrenalina addosso dopo quel tiè break decisivo al cardiopalma, altri erano un pochino delusi per la sconfitta del numero uno del mondo, ma tutti eravamo consapevoli di aver assistito a un match che negli anni sarebbe stato ricordato