Ribaltamenti di fronte. Scambi spettacolari. Tensione. Denaro in palio. Finale al fotofinish. Sono questi, in ordine sparso, i parametri per stabilire la grandezza di un incontro. È trascorso meno di un anno dalla fantastica finale di Wimbledon tra Novak Djokovic e Roger Federer.
Non è difficile inserirla tra i match più belli di sempre, ma non è detto che sia stato il migliore. E poi i paragoni tra le partite sono ancora più complicati rispetto a quelli (già difficili) tra i giocatori.
Eppure, quando si parla di match leggendari, tutti citano l'atto conclusivo delle WCT Finals 1972 tra Ken Rosewall e Rod Laver. C'è un paradosso: per quanto il match abbia avuto straordinaria esposizione televisiva, le immagini reperibili online sono scarse e di bassa qualità.
Ma non c'è dubbio che sia stato uno dei più importanti di sempre. Andiamo con ordine: i due erano a fine carriera e si erano affrontati centinaia di volte, ma per questo match avevano svolto una preparazione particolare.
Con l'avvento del professionismo, avvenuto soltanto quattro anni prima, poterono di nuovo partecipare ai tornei importanti, dopo che il loro passaggio al professionismo (nel 1957 per Rosewall, nel 1962 per Laver) li aveva confinati alle esibizioni.
Grazie a un complesso accordo con la NBC, il circuito WCT aveva collocato le sue finali nel mese di maggio, in modo da non scontrarsi con altri eventi. L'incontro si è giocato il 14 maggio 1972 e metteva in palio 50.000 dollari, un anello d'oro, una coppa gigante e un auto di ottimo livello: una Lincoln Continental.
Il tennis era diventato popolare l'anno prima negli Stati Uniti grazie ai primi successi di Chris Evert, scenario ideale per lanciare il circuito WCT ideato dal petroliere texano Lamar Hunt, lo stesso che qualche anno prima aveva inventato il termine “Super Bowl”.
La sua mossa di creare un circuito professionistico indipendente fu vista con sospetto dalla federazione internazionale, ma ormai il business si stava impadronendo del nostro sport. E chi, meglio degli americani, avrebbe potuto assecondare le nuove necessità? Hunt ebbe l'intuizione di creare un evento culmine, comprensibile anche per i meno appassionati: una sorta di campionato del mondo.
Richard Evans, che seguiva il circuito WCT nelle vesti di giornalista, scrisse: “Non ricordo un periodo così piacevole, in cui si è creato il giusto mix tra rivalità e competizione, con l'effetto di produrre un tennis meraviglioso e amicizie durature.
Inoltre c'era un bel senso di avventura”. C'era bisogno di grandi partite, e nessuno poteva offrire uno spettacolo migliore rispetto a Laver e Rosewall. Il primo si era imposto a Richmond, Philadelphia, Toronto, Houston e Denver, mentre “Muscle” aveva vinto a Hollywood e Charlotte.
Tra l'altro, i due si erano affrontati nella finale dell'anno prima e si impose Rosewall in quattro set. Si presentarono all'appuntamento anche stavolta: Laver con i successi su Newcombe e Riessen, Rosewall battendo Lutz e Ashe.
C'era una grande atmosfera, al Moody Coliseum di Dallas, davanti a 8.500 spettatori. E fu un match fantastico, durato oltre tre ore e mezza, vinto da Rosewall col punteggio di 4-6 6-0 6-3 6-7 7-6. Nel quinto set, “Rocket” si era portato sul 3-0 ed ebbe quattro palle break nel game successivo.
Le avesse trasformate, probabilmente avrebbe conquistato l'unico grande titolo che gli è sfuggito. Ma Rosewall, indomito combattente, conquistò quattro dei cinque game successivi. Sul 5-4, "Muscle" arrivò a matchpoint.
Rod lo ha cancellato con un ace, poi si è portato 5-3 nel tie-break thriller. Sembrava che Rosewall si fosse arreso, ormai esausto. “Ma la stanchezza di Ken è sempre stata una sorta d'inganno” diceva Evans.
A conferma della tesi, gli ultimi tre punti della partita. Avanti 5-4 e servizio, a Laver sarebbe bastato tenere due mini-turni di servizio per vincere la partita. E invece... sul primo punto Rosewall ha trovato un angolo impossibile con la risposta di rovescio.
“Avevo servito benissimo, ma la risposta è stata ancora migliore” ha sospirato Laver. Sul 5-5, altra fantastica risposta di rovescio. Due colpi scioccanti. Nell'ultimo punto, Laver era ancora sconvolto per tirare una risposta al di là della rete.
Curiosamente, se il tie-break fosse stato a 5 e non a 7, avrebbe vinto Laver. Ma era stato lui, qualche anno prima, a spingere affinché si utilizzasse il format più lungo. Dopo la partita, emozionato per il successo, Rosewall scoppiò a piangere negli spogliatoi, mentre Laver la considera ancora oggi la sua più grande delusione.
Di sicuro vinse il tennis professionistico. Con quel match, franarono definitivamente le ultime resistenze dei nostalgici del dilettantismo. “Quella partita resta il simbolo della mia rivalità con Ken – avrebbe detto Laver, anni dopo – ha vinto lui, ma è stata la nostra partita.
Credo che la gente continuerà a parlarne, e io non li scoraggerò”. Ma come mai fu così speciale, così importante? Cosa aveva di più rispetto ai 137 precedenti tra i due? Forse perché il sorteggio fu effettuato da Neil Armstrong, l'uomo che tre anni prima aveva messo piede sulla luna? In realtà, la risposta sta nell'impressionante audience.
La guardarono oltre venti milioni di americani (21,3 per l'esattezza). Per la prima volta, un'emittente nazionale (nella fattispecie la NBC) trasmetteva una partita di tennis su tutto il territorio. Quei numeri cambiarono la percezione del tennis: sponsor, montepremi, interessi...
E pensare che poteva non succedere, se soltanto NBC avesse rispettato i suoi palinsesti. Durante il quinto set, i telecronisti Bud Collins e Jim Simpson ricevettero un ordine dal direttore di rete Ted Nathanson. “Preparate una scusa, a breve dobbiamo chiudere”.
La finale stava durando troppo, erano quasi le 18 e il “Sunday 6 o'clock News” era tra i programmi più importanti del palinsesto. Non si poteva rinviare. Alle 17.55, quando stavano per annunciare la fine della diretta, furono raggiunti da un contrordine.
“Nessun problema ragazzi, andate pure avanti”. E così Rosewall, Laver, la WCT e il mondo del tennis poterono scrivere una pagina di storia. In conferenza stampa, chiesero a Rosewall quali fossero i suoi pensieri nel 1962, come si sarebbe immaginato dieci anni dopo. “Pensavo che sarei finito a vendere assicurazioni a Sydney.
Di certo non a giocare a tennis, men che meno per 50.000 dollari in un solo pomeriggio”. Ben più amari i ricordi di Laver. “Ci furono tanti colpi di scena e, ancora oggi, non riesco a capire come ho fatto a perdere.
Non mi è mai capitato di arrivare così vicino alla vittoria e poi non farcela”. Anni dopo, avrebbe potuto scambiarsi queste emozioni con Roger Federer. La scorsa estate, a Wimbledon, lo svizzero c'è andato ancora più vicino.