La società ha un brutto vizio, esteso a ogni settore: magari fai tutto per bene, con impegno e passione, ma se commetti un solo errore sei finito. Sarai ricordato per quello. Accade anche nel tennis: lo sa bene Guilherme Clezar, onesto mestierante brasiliano che le ultime classifiche ATP collocano al numero 322.
Da ragazzino prometteva bene, è stato numero 13 del mondo (nel 2009 è stato semifinalista al Trofeo Bonfiglio, battendo Pierre Hugues Herbert lungo il percorso), ma tra i professionisti la musica è ben diversa.
Tuttavia, il suo nome sarà sempre legato a un attimo di nervosismo durante un match di Coppa Davis. E pensare che Clezar non sarebbe nemmeno dovuto andare a Osaka, in un play off valido per il vecchio World Group, giocato nel settembre di due anni fa.
All'epoca era numero 241 ATP e fu convocato soltanto per l'assenza di Thomaz Bellucci. Giocò in singolare contro Yuichi Sugita e, dopo un torto arbitrale nel tie-break del terzo set (aveva perso i primi due), si è rivolto verso il giudice di sedia “stirandosi” gli occhi, simulando il viso di un orientale.
Come a dire che l'arbitro guardava il match con gli occhi di un giapponese. Un errore, ci mancherebbe, ma l'hanno messo in croce. L'ITF aprì addirittura un'indagine, chiusa con una multa di 1.500 dollari sebbene fossero arrivate le scuse immediate.
Vabbè. Il problema è stata l'opinione pubblica brasiliana: lo hanno messo in croce, accusandolo di xenofobia e sottoponendolo a una gogna mediatica francamente esagerata. Un noto opinionista, Joao Victor Araripe, arrivò a scrivere: “Fosse per me, saresti già fuori dalla squadra di Coppa Davis.
Non hai rispettato gli avversari, il Brasile e lo sport. Ho amici brasiliani con radici giapponesi: hanno ritenuto rivoltante il tuo gesto”. L'episodio non è dimenticato, ma Clezar sembra essersi messo il problema alle spalle.
“Ho vissuto un periodo complicato – racconta oggi – molte persone che non mi conoscevano si sono create idee sbagliate su di me. Adesso quell'episodio non influisce più sulla mia carriera, però le nuove tecnologie consentono a chiunque di dire ciò che vuole”.
Il 2019 non è stato facile per Clezar: ha perso otto volte di fila al primo turno prima di riprendersi in estate, raccogliendo finalmente buoni risultati sia nei Challenger che nel circuito ITF. Però i fatti di due anni fa lo tormentano: dopo una sconfitta a un torneo in Italia, qualcuno gli ha scritto su Instagram: “Dopo quello che ha fatto, spero che tu perda ogni partita per il resto della sua vita”.
Quell'episodio lo ha convinto a non pubblicare più aggiornamenti: infatti, il suo account è fermo dallo scorso giugno. “Il problema è che si tratta spesso di profili falsi, nessuno può farci niente”.
Oggi Clezar punta a dare una svolta alla sua carriera con l'aiuto di un nuovo coach, il 37enne Andre Ghem, ex discreto giocatore che sta effettuando la transizione dal campo alla panchina. Allenato da Larri Passos fino al settembre 2018, è stato il primo a pagare le conseguenze dell'uscita di scena dello storico coach di Guga Kuerten.
“Stava con me quando ha rivelato di avere un tumore”. Dopo una soluzione transitoria, ha scelto di tornare nella sua Porto Alegre. Per questo, la partnership con Ghem è stata una decisione quasi automatica.
“Ma per adesso sta andando alla grande: Andre si è avvicinato ai top-100 ATP senza allenatore, facendo tutto da solo – racconta Clezar – ha una visione molto attuale del tennis, sta cercando di farmi giocare più avanti, di accorciare il campo”.
Secondo Clezar, il tennis è cambiato molto negli ultimi anni. Tutti sanno essere aggressivi e hanno 1-2 colpi vincenti. “Il tennis è sempre più offensivo, e se non hai un certo tipo di gioco è dura”.
In questo momento, il tennis brasiliano sta disperatamente cercando un giocatore di buon livello dopo Kuerten. “I nostri giovani hanno un buon potenziale – dice Clezar – Seyboth Wild, Meligeni e Luz sono bravi, però in Europa è molto più facile emergere.
In Sad America maturiamo più tardi: da piccolo, ho giocato soltanto in Brasile e nei Paesi limitrofi, mentre quest'anno soltanto 6 tornei in Sud America e uno in Brasile, andando in Cina e Giappone. Non è facile adattarsi dopo viaggi così lunghi, ma non avevo scelta.
Al contrario, in Europa raggiungono qualsiasi destinazione in 1-2 ore”. Clezar è uno dei pochi giocatori ad aver combinato tennis e studi. Non come i frequentatori del college americano, che mettono in ghiaccio la carriera internazionale e ripartono solo con la laurea in tasca.
Lui ha terminato il college nel 2018, poi ha fatto fruttare le cue competenze in economia interessandosi ai mercati azionari. “Ammetto di essere diventato un po' dipendente: ogni giorno controllo l'andamento delle mie azioni.
Dopo la carriera sarà difficile fare qualcosa che non sia legato al tennis, ma sicuramente controllerò con grande attenzione i miei investimenti”. In realtà, Clezar non fa il broker incallito: ha scelto la strategia “buy and hold”, che consiste nell'acquistare strumenti finanziari e poi tenerli a lungo, senza vendite e acquisti sfrenati.
Insomma, una strategia da lungo periodo. “Mi piace, hai la sensazione di essere il partner di un'azienda. Mi è capitato di avere la sponsorizzazione di Taesa (importante azienda di energia elettrica, ndr) e pensare: 'Ehi, '1% è mio!”.
Col tennis, per un giocatore del suo livello, è dura guadagnare soldi. Ha chiuso il 2018 in passivo, ma può contare sul sostegno della sua famiglia e sostiene di potersi permettere almeno l'attività nei Challenger.
Per Guilherme, 27 anni da compiere a San Silvestro, sarà difficile togliersi di dosso il ricordo di quel gesto commesso in Giappone. Ormai ci ride su, però torna serio quando parla dell'influenza negativa di internet.
“L'utilizzo che ne viene fatto mette molta pressione, forse perché in Brasile ci sono grandi aspettative. 10 anni fa non era così, l'unica pressione che avevi era quella dell'allenatore, o della tua famiglia.
Adesso hai un peso molto maggiore sulle spalle. Per carità, ci sono anche i sostenitori e non soltanto gli haters, però è una situazione nuova che non sappiamo ancora come controllare”. Dovrà trovare il modo di conviversi e concentrarsi sul tennis, perché – salvo miracoli – la sua classifica di fine 2019 sarà la peggiore dal 2010.
In fondo, Guilherme non vince un torneo dal 2013 (tutti i suoi 7 titoli, tra cui due Challenger, sono arrivati in Brasile). La carta d'identità non gli è ancora nemica, ma sarà dura dare una scossa alla sua carriera che permetta di mettere ne dimenticatoio la leggerezza di Osaka.
Una piccola ingiustizia, ma purtroppo il mondo va così. Guilherme Clezar l'ha scoperto in prima persona.