Questa è una brutta storia. Una storiaccia che arriva dalla Colombia. Il team sudamericano giocherà le Davis Cup Finals di Madrid, occasione storica per una nazione che non ha nemmeno un giocatore tra i top-200 ATP (anche se hanno la miglior coppia di doppio: Cabal-Farah, recenti vincitori a Wimbledon e Us Open).
Nelle convocazioni che saranno inviate all'ITF nei prossimi giorni mancherà Nicolas Mejia, 19 anni, di gran lunga la miglior promessa del tennis colombiano, numero 421 ATP e quarta racchetta del Paese. Un ragazzo in crescita, che risiede negli Stati Uniti sin da quando ha 12 anni, quest'anno autore di una buona scalata, con un paio di titoli ITF.
Pablo Gonzalez, capitano da un paio d'anni, lo aveva inserito nel quintetto che sarebbe andato in Spagna, ma con un video pubblicato qualche giorno fa Mejia ha denunciato la sua esclusione, voluta dagli altri giocatori e con la complicità dello staff tecnico e dirigenziale.
Manifestando la sua feroce delusione, ha aggiunto che non avrebbe mai più rappresentato la Colombia finché Gonzalez sarebbe rimasto in sella. Ma cosa è successo, esattamente? Sembra che le vicende della Davis colombiana siano gestite dai giocatori, in particolare dalla vecchia guardia, senza che il capitano abbia reale influenza.
Giraldo, Cabal e Farah pensavano di risolvere tutto con una conversazione avvenuta in videoconferenza, qualche settimana fa. Ma non avevano fatto i conti con la personalità di Mejia, che avrà appena 19 anni ma ha mostrato di avere le spalle larghe.
Un audio della riunione è finito (non è difficile immaginare come) nelle mani di “El Tiempo”, il principale quotidiano della Colombia. 50 minuti e 38 secondi che mettono i brividi. Emerge che il team colombiano di Coppa Davis è una sorta di “clan” guidato, in particolare, da Santiago Giraldo.
Alla conversazione hanno preso parte Giraldo, Cabal, Farah e lo stesso Mejia. Parlando da leader, Giraldo “spiega” a Mejia che deve “rispettare” il processo che ha richiesto anni per arrivare al Gruppo Mondiale.
“Pablo Gonzalez ha fatto una stupidaggine – dice Giraldo – doveva scegliere e non lo ha fatto bene. Dopo la cavolata che ha commesso, ci ha detto che il Ministero dello Sport avrebbe messo a disposizione 100 milioni di pesos in più.
Ha dei difetti, non è un buon leader e non è in grado di fare le convocazioni. Io ero il leader, ma quando sono uscito di scena un paio d'anni fa ho lasciato a lui il compito, ma in questioni delicate come le trattative con la federazione sarei entrato in scena io perché sono chiaro e sincero”.
In sintesi, Girando si considera “capo” del gruppo, allude al periodo in cui si era preso una pausa dal tennis (sei mesi tra il 2017 e il 2018) e lascia intendere che i giocatori possono interferire sulle decisioni del capitano.
“Abbiamo ottenuto una buona ripartizione del denaro: 70% ai giocatori, 30% alla federazione” dice Giraldo, come a voler dimostrare di essere un buon leader. E insiste. “Pablo ha preso una decisione del tutto autonoma.
Non ci sentiamo coinvolti da questa stupidaggine e siamo in difficoltà con Alejandro Gonzalez perché ci ha aiutato nella sfida contro il Brasile (colse il punto del 3-2 contro Sorgi, ndr), inoltre vanta una certa esperienza”.
Più che una riunione, è una conversazione in cui tre over 30 spiegano a un ragazzo di 19 anni che hanno deciso di farlo fuori per ragioni di gerarchie interne, che nulla hanno a che vedere con il tennis. A un certo punto interviene Robert Farah, spiegando che la decisione (!?) era stata presa durante lo Us Open, in cui avrebbero dovuto stabilire il quinto uomo alle spalle di Galan, Giraldo, Cabal e lo stesso Farah.
“Avremmo dovuto decidere tra Gonzalez, Struvay e te. Purtroppo il capitano ha fatto di testa sua e non va bene. Ma non prenderla come una questione personale, sono state prese decisioni ancora più difficili. Ci hanno detto che bisogna intraprendere un ricambio generazionale: siamo d'accordo, ma questo non può avvenire nel World Group”.
Mejia ha manifestato la sua delusione, spiegando che aveva lavorato tutto l'anno per ottenere questo obiettivo. “Dovessimo basarci sull'attualità, allora dovrebbe essere convocato Struvay” gli hanno risposto, ricordandogli che qualche mese fa lo stesso Mejia aveva perso in due set contro lo stesso Alejandro Gonzalez (vero: 6-2 6-4 al Challenger di Columbus).
A seguito di questa conversazione (i cui contenuti hanno destato un certo clamore in Colombia), Mejia è stato contattato da Gonzalez sabato scorso. “Mi ha comunicato che lo staff tecnico e i giocatori hanno preso la decisione di non inserirmi nella squadra che andrà a Madrid.
Dopo aver analizzato le ragioni che mi hanno portato all'esclusione, non le considero fondate, non le condivido e non mi piace che siano motivate dalle pressioni dei tennisti allo staff tecnico. Per questo ho preso la decisione di non rappresentare la Colombia in Davis e negli eventi del ciclo olimpico fino a quando ci sarà Pablo Gonzalez, e fino a quando non ci sarà una chiara indipendenza tra il capitano e i giocatori”.
I fatti sono chiari e inchiodano tutti: federazione, Gonzalez e, soprattutto, i tre “capi” della nazionale colombiana. La federtennis ha pubblicato una comunicazione in cui spiega di aver ricevuto (lo scorso 2 ottobre) la richiesta di Gonzalez di cambiare un giocatore.
“Il comitato esecutivo e la commissione tecnica nazionale della federazione autorizzano il capitano a effettuare il cambio, perché è sua responsabilità individuare il miglior team possibile. Grazie alla sua esperienza e al fatto di aver giocato partite decisive per la Colombia, Alejandro Gonzalez sarà il quinto giocatore, mentre Nicolas Mejia è invitato come sparring”.
Detto che – ovviamente – Mejia non andrà a Madrid, lo stesso Pablo Gonzalez aveva presentato le sue dimissioni a Giraldo e company, ma i giocatori le hanno respinte. E loro, i “capi”, come hanno reagito? Hanno pubblicato una lettera in otto punti in cui offrono la loro versione dei fatti, chiedono “scusa” per l'accaduto, ripetono di essere una “famiglia” e ribadiscono che la questione Mejia era una faccenda privata.
“Si tratta di una questione che deve restare all'interno del team – hanno scritto – come accade in tutti gli sport, gli atleti hanno conversazioni private in cui si dibattono faccende interne, che non devono essere date in pasto all'opinione pubblica.
Come accade in ogni famiglia, ci sono dei malintesi che devono essere risolti insieme e con la premesse di avere un buon dialogo per risolvere qualsiasi inconveniente”. Le scuse sono rivolte anche ai giornalisti, che in più parti della conversazione sono stati definiti “ tre lumache che hanno sempre rovinato la nostra vita”.
Una faccenda davvero antipatica, che Mejia ha scelto di affrontare di petto, a suo rischio e pericolo: pare ovvio che il suo rapporto con Giraldo e company sia irrimediabilmente compromesso. Intanto, guarderà le Davis Cup Finals dal divano di casa. La Colombia fa parte del Gruppo D e se la vedrà con Belgio e Australia.
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