La rivincita di Barbora, bella come un gol a tempo scaduto



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La rivincita di Barbora, bella come un gol a tempo scaduto
La rivincita di Barbora, bella come un gol a tempo scaduto

Magari finirà pure col ringraziarla. Volendo credere alle parole di Barbora Strycova, un paio d'anni fa si era vista scippare l'allenatore da Karolina Pliskova. Dopo lo Us Open 2017 ricevette una chiamata da coach Tomas Krupa.

“Mi dispiace, ho raggiunto un accordo con la Pliskova”. Lo visse come un tradimento, anche perché era stata lei a riportarlo nel giro del grande tennis dopo il siluramento di Berdych. Oggi festeggia una clamorosa semifinale a Wimbledon, più anziana dell'Era Open a riuscirci per la prima volta.

Al suo fianco c'è David Kotyza, ed è una bella storia. Era lui a lavorare con la Pliskova e – al termine del famigerato Us Open – fu licenziato. Divergenze tecniche, dissero. Come due amanti traditi, Strycova e Kotyza sono ripartiti insieme, daccapo.

Non deve essere stato facile, per lui, iniziare un percorso con una giocatrice a fine carriera dopo aver allenato Petra Kvitova e Karolina Pliskova (oltre a una parentesi con la Wozniacki). Ma la voglia di rivalsa, a volte, apre la strada ai miracoli.

Qualche giorno fa, dopo il successo contro Kiki Bertens, la Strycova parlava apertamente di ritiro. “Non so se giocherò Wimbledon l'anno prossimo. Anzi, non so proprio se giocherò ancora. Devo decidere se smettere alla fine di quest'anno o del 2020”.

Classe 1986, aveva giocato un solo quarto di finale in 52 apparizioni Slam (Wimbledon 2014). Ma la semifinale è un'altra cosa. Quando giochi, gli occhi del mondo sono tutti su di te. Niente contemporaneità, niente concorrenza.

Tutti ti guardano. E Barbora ama essere guardata: lo ha dimostrato martedì pomeriggio, quando ha domato il furore del Centre Court, tutto per Johanna Konta. “L'atmosfera era contro di me, ma non ci ho pensato. Amo queste partite, è il motivo per cui mi alleno e per cui sono qui”.

Chissà per chi faranno il tifo nel match contro Serena Williams, super favorita che però non ha destato chissà quale impressione. “Non ho paura – dice la Strycova – non ho la sua potenza, ma ho altre armi e proverò a usarle.

Non avrò niente da perdere”. Molto dipenderà da Serena e dalle sue lune al servizio. Barbora lo sa, in virtù di una grande esperienza. Per lei è la 17esima apparizione a Wimbledon, coronamento di una carriera che poteva darle qualcosa di più.

Nel 2002 vinse la prova giovanile dell'Australian Open, battendo in finale Maria Sharapova. Tra l'altro, si sarebbe ripetuta nel 2003. “Appena due anni dopo, Maria avrebbe vinto il torneo senior qui a Wimbledon”. Sospira la ceca, lasciando intendere di avere qualche rimpianto.

Però ha avuto pazienza, o meglio, la forza di attendere il suo momento. È arrivato oggi, a tempo quasi scaduto “In realtà non sono una persona molto paziente, ma sono una lottatrice. Mi piace combattere per quello che desidero.

Diciamo che è stata una bella attesa, anche se è durata 27 anni”. In effetti, non le manca il carattere. Lo ha mostrato due anni fa, quando ha convinto Kotyza a lavorare con lei. Per intenderci, è come portare l'allenatore di Napoli o Inter sulla panchina di Cagliari o Sassuolo.

Anche nella vita privata non si è tirata indietro, ascoltando le sue sensazioni. Si è sposata da giovane con l'ex giocatore Jakub Zahlava, cugino di Sandra Zahlavova (ex top-100 WTA). Era anche il suo allenatore e per anni le ha “prestato” il cognome: in tutte le schede ufficiali si presentava come Barbora Zahlavova-Strycova.

Dopo la separazione (ufficializzata dal divorzio nel 2015), è tornata a usare il suo cognome. Per qualche anno si è accompagnata al cantante David Kraus: sono stati una coppia piuttosto chiacchierata, anche dopo la separazione.

Lo scorso anno, Kraus ha rilasciato dichiarazioni non proprio lusinghiere (in sintesi, ha lasciato intendere che la tradisse). E pensare che il testo di una sua hit di successo fu ispirato proprio dalla Strycova, che adesso sta con Petr Matějček, direttore della versione ceca di “Elle”, al suo fianco a Wimbledon.

“Sono troppo felice che sia con me, non ci vedevamo da più di un mese”. Ha affrontato con coraggio anche una sospensione di sei mesi per doping, tra il 2012 e il 2013. Le trovarono uno stimolante, la sibutramina.

In realtà era contenuto nell'Acai Barry Thin, famoso prodotto per perdere peso. Insomma, voleva dimagrire alla svelta. Nel giorno in cui il mondo avrebbe potuto scoprire il talento di Karolina Muchova (stoppata dalla Svitolina, forse anche per la stanchezza), la Repubblica Ceca gioisce grazie all'usato sicuro, ed è suggestivo che sia avvenuto proprio a Londra, nel tempio del serve and volley.

È raro che una giocatrice così bassa (Barbora misura appena 164 centimetri) giochi così tante volèe. “Gioco così sin da piccola, a casa tiravo la pallina contro il muro di casa. Sull'erba funziona, quando ho la fiducia necessaria mi piace giocare a rete.

È il mio territorio”. A rendere ancora più fiabesca quest'avventura, c'è un aneddoto: Barbora aveva appena due anni quando il nonno l'ha portata per la prima volta a Wimbledon. “Mi portò al Museo e ho visto il trofeo della vincitrice.

Tra me e me, dissi che un giorno avrei giocato qui. Oggi ho 33 anni e sì, è una bella storia”. Londra è una città importante per Barbora, poiché i nonni ci hanno vissuto per quattro anni.

C'è venuta spesso, fin da bambina. Mancava giusto un grande risultato per chiudere il cerchio. Per ancora qualche ora, Barbora può sognare. Tra poco scopriremo se la fiaba si prolungherà fino a sabato.

Barbora Strycova Wimbledon

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