Pochi giorni di riflessione hanno portato a una decisione forte: Daria Kasatkina ha detto addio al suo coach Philippe Dehaes. I due hanno lavorato per un anno e mezzo, centrando addirittura l'obiettivo delle top-10. Il disastroso inizio del 2019, con due vittorie a fronte di cinque sconfitte, l'ha convinta a cercare stimoli nuovi.
A differenza di Naomi Osaka, che aveva annunciato piuttosto freddamente la separazione con Sascha Bajin, la russa ha scritto un emotivo post su Instagram. “Con tristezza, devo annunciare che io e Philippe Dehaes ci siamo separati dopo una collaborazione di grande successo.
Devo molto a Philippe per i successi degli ultimi due anni, ma dopo aver deciso che avrei dovuto prendere il controllo e la responsabilità del mio tennis, sento di aver bisogno di farlo da sola e prendermi una pausa dal lavoro con Philippe.
Lui ha una famiglia e dei figli, ho capito che per lui è impossibile ed è meglio che ognuno vada per la sua strada. Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro, mai dire mai. Vorrei dirgli ancora una volta grazie, per me rappresenterai sempre molto e ti auguro ogni bene.
Grazie di tutto coach, avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Mi mancheranno i tuoi coaching durante le partite e le canzoni che cantavi in macchina”. Se la crisi della Kasatkina è sotto gli occhi di tutti, la decisione pare comunque affrettata.
La stagione è lunga e la russa è comunque numero 13 WTA. Davvero valeva la pena? Dopo la disastrosa campagna australiana, la numero 1 russa ha perso subito anche a San Pietroburgo. Da allora, si è aggiudicata un paio di partite: contro la danese Barritza in Fed Cup e contro la Frech a Dubai.
La sconfitta al secondo turno contro la Kenin ha alimentato mille riflessioni, sfociate nel post pubblicato giovedì. Parlando con “Sport 360” dopo la sconfitta negli Emirati, la russa ha ammesso di vivere una “crisi”.
Non capita spesso che una giocatrice ammetta così candidamente le sue difficoltà. E pensare che Dasha viene da una grande stagione, costellata dal titolo a Mosca, le finali a Indian Wells e Dubai, oltre ai quarti raggiunti a Roland Garros e Wimbledon.
Anche lo scorso anno aveva iniziato maluccio, poi però si era ripresa con due finali importanti. Non ci sono particolari ragioni dietro questa crisi, se non la difficoltà nel gestire la pressione. “Ho iniziato davvero male, anche peggio dell'anno scorso – ha detto la Kasatkina – tuttavia, penso che gran parte dei tennisti debbano attraversare momenti di questo tipo.
Per questo, penso di dovermi impegnare ancora di più e trovare il lato positivo della situazione. Le difficoltà non sono tennistiche, ma soprattutto mentali. Forse sono un po' stanca dopo il 2018, è stata una stagione molto complicata e stressante, quindi penso di essere provata mentalmente”.
La russa punta a superare questo periodo difficile ripensando ai successi dell'anno scorso. “Per esempio, a Dubai mi è capitato di andare sul campo centrale, con le tribune vuote, e ho provato a visualizzare le partite vinte l'anno scorso.
Ricordare le partite migliori è un ottimo modo per tirarsi su nei momenti difficili. Aiuta molto”. Quando le hanno chiesto di individuare le differenze con il passato, ha ammesso che sta tutto nella pressione. “Era diverso, era più semplice, non avevo pressione, non c'erano molte situazioni stressanti.
Sto crescendo, sto maturando, bisogna andare avanti e superare questo periodo. Ognuno la vive a modo suo, devo solo trovare il mio modo per correggere la situazione”. A margine, diceva che l'assenza di Dehaes era dovuta a impegni familiari, e che i due si sarebbero ritrovati a Indian Wells.
Nel deserto della California, invece, andrà da sola e avrà un mucchio di punti da difendere. Lo scorso anno giunse in finale e fu la prima occasione in cui il pubblico mainstream ebbe occasione di ammirare il suo talento.
Dehaes l'aveva definita “un'artista” e si era detto convinto che il pubblico si sarebbe innamorato di lei. D'altra parte, “Dasha” ama giocare smorzate e rovesci al salto, colpi che piacciono molto agli spettatori.
“Io le lascio grande libertà: deve creare, lasciar accadere le cose, è come se fosse un'artista. Una volta fa le ho mostrato una tela vuota e le ho detto che può disegnarci qualsiasi cosa”.
Una metafora che rende bene l'idea. D'altra parte, tra i due c'è un rapporto che sfocia nell'umano. Si conoscono dal 2013, quando una 16enne Kasatkina si presentò in Belgio, in cerca di aiuto finanziario. Chiesero a Dehaes un parere su quella ragazza: due settimane dopo, disse che non aveva mai visto una giocatrice così talentuosa.
I due non trovarono un accordo economico, così la Kasatkina si spostò in Slovacchia, dove è rimasta per tre anni con Vladimir Platenik. A fine 2017, la scelta di tornare con Dehaes “perché non miglioravo più”.
La crescita c'è stata, ma adesso si è rotto qualcosa. Ed è giunto il momento di ripartire, anche se in solitudine. Soltanto due mesi fa, aveva detto che Dehaes era una leggenda, specie dopo alcuni coaching sul campo, in cui aveva conquistato il pubblico con il suo linguaggio colorito.
E pensare che, durante il torneo di Indian Wells, lui si era detto “orgoglioso” di non essere stato chiamato dalla sua allieva “perché ha l'obiettivo di vincere gli Slam, e lì il coach non può intervenire”.
L'obiettivo per il 2019, invece, era entrare tra le top-5. Dovesse farcela, succederà senza Dehaes all'angolo. Chi l'avrebbe mai detto.