Dubai non sarà mai un torneo qualsiasi per Ons Jabeur. Per lei, giocare in un paese arabo rappresenta qualcosa di speciale. A maggior ragione adesso, dopo che i numeri hanno certificato un dato incontrovertibile: Ons è la più forte tennista araba di tutti i tempi.
Correva l'anno 2001 quando Selima Sfar si accomodava al numero 75 WTA
. Prima di oggi, era stata l'unica donna araba a entrare tra le top-100. D'altra parte, era una predestinata: ad appena tredici anni si trasferì in Francia e trovò la sua dimensione anche tra le professioniste, specie adesso che si sta allenando con Nathalie Tauziat.Quasi vent'anni dopo, la Jabeur sta scrivendo una storia tutta nuova. Lo scorso 28 gennaio, ha battuto il record della Sfar accomodandosi al numero 56. E la comunità araba si domanda se possa diventare la più forte di sempre, uomini compresi.
Tra i maschietti, la concorrenza è ben più tosta. Ci sono ben cinque giocatori che hanno raggiunto una classifica migliore della sua: Malek Jaziri (n.42 ATP), Ismael El Shafei (36), Karim Alami (25), Hicham Arazi (22) e Younes El Aynaoui (14).
In altre parole, ha bisogno di entrare tra le top-15 WTA per diventare una leggenda. Proverà ad accumulare punti importanti a Dubai, dove esordirà contro Donna Vekic in vista di un impegno ancora più complicato contro Elina Svitolina.
Classe 1994, la tunisina ha fatto parlare di sé lo scorso ottobre, quando ha raggiunto la finale alla Kremlin Cup di Mosca. Nessuna tennista araba aveva mai raggiunto neanche una semifinale. Selima Sfar ha ammesso di avere sentimenti contrastanti sui successi della Jabeur.
“Ma alla fine prevale l'orgoglio nel vedere un'altra donna percorrere il sentiero che avevo aperto”. Le due sono amiche su Instagram e la Sfar ha pubblicato un selfie dopo un allenamento, arricchendolo con gli hashtag #fun, #tunisia e #champion.
Secondo la Jabeur ci sono pochi giocatori e giocatrici arabi all'orizzonte. Tuttavia, con il programma giusto, le cose potrebbero cambiare. “Spero che emergano sempre più tennisti dalla Tunisia e dagli altri paesi arabi, in modo da entrare almeno tra i professionisti – ha detto – il problema è che manca la mentalità.
Non abbiamo una strategia e nemmeno una buona programmazione. Dobbiamo essere professionisti sia dentro che fuori dal campo. Spero che le federazion possano fare un buon lavoro”. Quando le hanno chiesto se un giorno potrebbe fare qualcosa, si è detta disponibile.
“Certo, in particolare mi vedo a fare qualcosa in Tunisia. Uno dei miei obiettivi è aprire un'accademia per aiutare i giovani. Spero di poterlo fare, un giorno”. Ons ha trovato una certa stabilità ne 2015, quando si è sposata con Karim Kamoun dopo due anni di fidanzamento.
A suo dire, il matrimonio le ha dato una nuova percezione della vita e del tennis. Il marito è un campione di scherma ed è prodigo di consigli sia sul piano fisico che su quello mentale. “Avere buone persone intorno è la cosa migliore per effettuare progressi – racconta – mio marito è un atleta ed è in grado di aiutare sotto molti aspetti, soprattutto quelli atletici.
Quest'anno sono molto più in forma e non è un segreto”. Alle sue spalle, si sta muovendo qualcosa: c'è la ventunenne egiziana Sandra Samir. Molto competitiva nel circuito ITF, ha vinto 13 titoli (sette in singolare) ed è arrivata al numero 361.
È ancora lontanuccia dalla Jabeur, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. E comunque, le speranze attuali passano tutte dalla Jabeur. La tunisina ha scritto molte “prime volte”: nel 2011 è stata la prima a vincere uno Slam Junior (Roland Garros), poi nel 2017 ha colto il terzo turno nello stesso torneo, ma tra le professioniste.
“Purtroppo non avevo un buon team alle mie spalle – ha detto al “The National”, spiegando perché ha impiegato così tanto tempo a sfondare – nessuno mi diceva cosa avrei dovuto fare perché vengo da un Paese in cui il tennis non è popolare.
Non avendo nessuno, ho imparato tutto da sola, osservando come si comportano e si allenano le altre giocatrici. È stato difficile, ma ce l'ho fatta. Molte non ci riescono, arrendendosi prima di raggiungere i loro obiettivi”.
In particolare, oggi ha imparato a scegliere le persone che le stanno accanto. “Quando avevo 17 anni, gli allenatori provavano a tenermi sotto controllo, mi facevano fare cose che non mi piacevano e non avevo il coraggio di dire no.
Lavoravo fino a quando non avevo più energia e poi esplodevo. Ho imparato a dire no, sono cresciuta e adesso sono in grado di prendere le decisioni per conto mio”. Se il marito le dà una mano sulla parte fisica, sul piano tecnico si fa aiutare dal coach francese Bertrand Perret. “Molte persone mi dicevano che sono molto talentuosa, ma ho imparato a mie spese che il talento senza lavoro non vale nulla.
Anche il talento con troppo lavoro vale poco: sto provando a trovare il giusto bilancio: quando mi dicono che devo lavorare, lavorare, lavorare... rispondo che non sono un animale e che ho bisogno di riposare. Quando lavoravo troppo non vincevo perché non mi piaceva quello che facevo sul campo da tennis”.
E il futuro? Quando aveva 6 anni, aveva detto che sognava di vincere il Roland Garros. L'hanno presa in giro, ma oggi quel sogno è più vivo che mai. Tra le ragazzine ce l'ha fatta, ma sognare ancora più in grande non costa nulla.
“So di avere la grande chance di essere una delle più forti. Sto lavorando per questo”. Magari a partire dal torneo amico di Dubai.