Grigor Dimitrov ha già concluso la sua campagna americana e lo ha fatto senza arrivare nemmeno agli ottavi di finale in nessuno dei due Masters 1000 giocati, perdendo da Verdasco a Indian Wells e da Chardy a Miami e totalizzando solamente una vittoria. Dopo il torneo californiano, il bulgaro aveva rilasciato dichiarazioni interessanti per il sito dell’ATP: “Abbasserò le mie aspettative, ho appena iniziato a sentirmi di nuovo bene dal punto di vista fisico e della fiducia. Voglio costruire il mio gioco passo dopo passo e assicurarmi di fare il meglio che posso. Le ultime settimane non sono state buone per me, ecco perché devo riprendere il ritmo, essere in grado di allenarmi per 5-6-7 giorni, sentirmi bene e assicurarmi che il mio corpo resista”. In effetti il bulgaro già dopo l’Australian Open aveva avuto problemi alla spalla, che lo hanno obbligato a dare forfait per il torneo di Sofia e che non gli hanno consentito di esprimersi al meglio a Rotterdam. Da quanto emerso nell’intervista di cui sopra, è probabile che nelle ultime settimane non sia stato al 100%, fattore non trascurabile per spiegare le due sconfitte contro Verdasco e Chardy.
Ma c’è di più. Come emerso in tante partite da cui è uscito sconfitto, anche stavolta Dimitrov è apparso passivo, subendo la pesantezza di palla di due giocatori tanto istintivi quanto potenti ed esuberanti sul piano tecnico, a cui non è mai riuscito ad opporre una vera resistenza. Il numero 4 del mondo non è stato in grado di invertire l’inerzia delle sfide nemmeno sul piano della personalità, attendendo un eventuale calo dell’avversario che, però, non è mai arrivato. Come visto lunedì notte nel match con Chardy, chi gioca contro Dimitrov cerca soprattutto di insistere dalla parte del rovescio, prendendo quasi sempre l’iniziativa e approfittando dei suoi enormi problemi con la seconda di servizio (meno del 47% di punti vinti in questa situazione e 5,8 doppi falli a partita, dati ATP). Nonostante abbia impostato il lavoro con Vallverdu sulla semplificazione del proprio gioco e sulla velocità nel prendere il centro del campo e nel chiudere lo scambio entro 4-5 colpi, Dimitrov è tornato a giocare come prima.
Come quasi sempre accade, la mancanza di fiducia derivante da una forma fisica imperfetta e dagli ultimi risultati deludenti lo ha indotto a rifugiarsi nelle antiche certezze, che però non solo sono illusorie, ma anche controproducenti. Questo avviene soprattutto quando il giocatore nato ad Haskovo è costretto ad affrontare giocatori particolarmente esplosivi e “ingombranti” sul piano della personalità, che non gli danno modo di reagire sul piano nervoso e di riguadagnare campo. In questo senso, si pensi anche alla sconfitta con Rublev a New York, ma anche a quella con Edmund a Melbourne, o alla semifinale di Brisbane persa contro Kyrgios. Sempre nel primo Slam dell’anno, invece, Dimitrov aveva impressionato nel suo match di quarto turno, peraltro proprio contro Kyrgios. In quell’occasione l’australiano disputò un’ottima partita, ma dovette arrendersi di fronte a una delle migliori prestazioni di Dimitrov degli ultimi tempi, notevole in primo luogo per le modalità con cui è riuscito a vincere la partita. Opposto a un avversario che lo aveva sconfitto due settimane prima e che non gli dà molto ritmo, Dimitrov è stato in grado di vincere un incontro estremamente equilibrato, superando momenti complicati – su tutti la fase finale del secondo parziale, in cui aveva anche servito per chiuderlo sul 5-4, e il tiebreak del quarto set – estraendo il meglio dal proprio tennis ed evitando di allontanarsi dalla riga di fondocampo.
La capacità di decidere l’andamento dei punti decisivi di una partita è una delle caratteristiche dei grandi campioni, ma da questo punto di vista Dimitrov non si è mai distinto in modo particolare, per lo meno in modo continuativo. Non a caso il bulgaro è solamente 22esimo per efficienza nei momenti di pressione (un indicatore statistico che tiene conto della percentuale di palle break salvate e convertite, ma anche dei tiebreak e dei set decisivi conquistati), addirittura dietro a Baghdatis, Fognini, Zeballos, Gojowczkyk e Kohlschreiber, di certo non noto per essere chirurgico nei momenti importanti. Ancora più rilevante è il dato che considera unicamente la conversione di palle break e la percentuale di vittorie dei set decisivi nelle ultime settimane, in cui è rispettivamente al 77esimo e 48esimo posto (36,1% e 52%). In questi frangenti Dimitrov non solo manca spesso di lucidità, ma tende a cercare anche soluzioni troppo estreme con il dritto (forse anche perché non crede fino in fondo di poter fare sempre la differenza dal lato sinistro), finendo per sbagliare e perdere una quantità significativa dei punti decisivi delle partite, almeno quando ha poca fiducia e altrettanta brillantezza fisica.
Proprio la condizione atletica è uno dei punti fondamentali per capire il momento che sta passando Dimitrov, che già prima del torneo di Miami aveva sottolineato come il 2017 sia stato complesso sotto molti aspetti (“L’anno scorso è stato molto intenso, con gli allenamenti, i viaggi, le tante partite vinte, perciò ovviamente a un certo punto ne paghi un po’ le conseguenze. Devo rimettermi al passo”). Tra l'altro, nel corso del 2017 i problemi sopra menzionati erano venuti meno in diverse circostanze, specialmente a gennaio e da agosto a novembre.
Recuperare energie sarà dunque essenziale sia per cercare di fare bene sulla terra – l’anno scorso non ha mai vinto più di due match consecutivi su questa superficie – sia per poter dare il meglio in quella che, già adesso, è la stagione più importante della sua carriera.
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