Hanno dovuto aspettare dieci anni per tornare a vincere un torneo ATP. L'indiziato sembrava Nicolas Jarry, invece il Cile è tornato nella geografia dei vincitori grazie a un ragazzo che prometteva bene, ma sembrava essersi perso nel limbo di una scarsa professionalità.
Quando si allenava presso l'accademia di Rafael Nadal, lo rimproveravano di essere meno “affamato” di Jaume Munar. Il rapporto si sarebbe esaurito a breve, ma Christian Garin ha ritrovato se stesso, ed è simbolico – e bello per i cileni – che a sostenerlo in tribuna ci fosse Paul Capdeville, numero 1 del Paese nel periodo di transizione dopo il ritiro di Nicolas Massu e Fernando Gonzalez.
Già vincitore al Roland Garros Junior, Garin si è imposto sulla terra rossa di Houston in una baby finale contro Casper Ruud (7-6 4-6 6-3 lo score), battuto per la seconda volta in poco più di un mese: i due si erano già affrontati in semifinale a San Paolo.
È stato un match combattuto, piacevole, in cui entrambi hanno provato a fare gioco con il loro colpo migliore: il dritto. Per Garin è stata una settimana vissuta pericolosamente: al primo turno aveva lottato tre set per avere la meglio su Pablo Cuevas, poi ha cancellato ben cinque matchpoint a Jeremy Chardy negli ottavi.
Il titolo a Houston è il coronamento di un anno straordinario: soltanto dodici mesi fa era fuori dai top-200 ATP, ma ha chiuso l'anno vincendo tre Challenger di fila (Campinas, Santo Domingo e Lima), e a San Paolo aveva raggiunto la sua prima finale nel circuito maggiore.
Con i 250 punti intascati in Texas, farà il suo esordio tra i top-50 ATP. Al contrario, Ruud festeggerà l'ingresso tra i top-100 e c'è la sensazione che l'appuntamento col successo sia soltanto rimandato.
Per la Norvegia sarà una prima volta: soltanto suo padre Christian, prima di lui, si era spinto così avanti in un torneo ATP (Bastad 1995). Nelle due ore e mezza di finale, è stato fondamentale il primo set.
Dopo alcuni scambi di break, Garin ha trovato lo strappo decisivo con una risposta vincente di rovescio, sul 4-3 nel tie-break. Perso il parziale, norvegese non si disuniva e continuava a spingere. Nel secondo set, era sufficiente un break al quinto game.
Il match sembrava girato, ma Ruud peccava di killer istinct nel momento cruciale. Sul 2-2 al terzo non sfruttava tre palle break e, puntualmente, perdeva il servizio nel game successivo. Merito a Garin, che nel game decisivo ha tirato una splendida smorzata e ha sparato un dritto vincente.
Al momento di servire per il match, non ha tremato: si è issato a matchpoint con un ace, poi l'ennesimo schema servizio-dritto gli ha permesso di sdraiarsi sulla terra (più marrone che rossa) di Houston. L'ultimo cileno a vincere un torneo ATP era stato Fernando Gonzalez a Vina del Mar, nel 2009.
Sempre Gonzalez aveva firmato l'ultimo successo del Cile sulla terra statunitense, quando batté Massu in una finale derby sull'har-tru di Orlando. “Voglio ringraziare tutti – ha detto un emozionato Garin durante la premiazione – in primis il pubblico: ieri ho giocato contro Sam Querrey, americano, eppure hanno sostenuto entrambi.
E poi il mio team, il mio coach Andres Schneiter e Paul Capdeville”. Dopo il matchpoint, ha tributato un caloroso abbraccio al suo avversario, due anni più giovane. “Casper è un gran giocatore. Se continua a lavorare così giocherà molte finali e spero di poter vivere tanti altri momenti importanti insieme a lui.
La finale? Partita intensa, ho fatto le cose giuste, ho espresso il mio miglior tennis. Credo che la chiave sia stata correre molto ed essere solido con il rovescio”. Dopo aver già etichettato Houston come suo “torneo preferito” ed essersi concesso il tradizionale tuffo in piscina, il “Tanque” ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di fermarsi.
“Adesso voglio di più, ma per ottenerlo devo continuare a lavorare duramente e migliorare giorno dopo giorno”. La svolta della sua carriera risale alla scorsa estate, quando ha iniziato a lavorare con Schneiter (l'uomo che era al fianco di Mariano Puerta quando giunse in finale al Roland Garros) e a farsi curare i muscoli da Martiniano Orazi, ex preparatore atletico di Juan Martin Del Potro.
“Inoltre ho lavorato per 3-4 mesi con uno psicologo, ma è stato un cambio completo, non solo mentale – dice Garin, soprannominato anche "Gago" e "Tatan" – adesso ho uno schema di gioco più chiaro e questo mi rende tranquillo”.
Una tranquillità che può portarlo in alto. E non importa se è un po' in ritardo sulla tabella di marcia pianificata quando battè, uno dopo l'altro, Borna Coric e Alexander Zverev a Parigi. Era il 2013: ma ognuno, in fondo, ha i suoi tempi.