Prima di trasferirsi in Cina, Renato Canova allenava i maratoneti kenyoti. Trattandosi di uno straordinario allenatore, non solo sapeva come dovevano correre i suoi atleti, ma anche come dovevano pensare. Se un maratoneta gli domandava di allenarlo a vincere la medaglia d’oro nelle prossime Olimpiadi, Canova scuoteva la testa. Non lo avrebbe mai fatto. Perché la domanda dell’atleta era mal posta. Anzi, era mal pensata. Come poteva, Renato Canova, allenare un atleta al raggiungimento di un obiettivo che si trovava totalmente al di fuori del loro controllo?
Infatti l’atleta avrebbe anche potuto allenarsi molto bene e seguire tutte le indicazioni dell’allenatore, ma alle Olimpiadi avrebbe comunque potuto incontrare uno, o due, o tre atleti che quell’anno si erano allenati ancora meglio e che avrebbero dunque corso più veloce. Posso allenarti a correre la maratona in due ore e dieci secondi, diceva Canova, ma non posso allenarti a vincere l’oro. Abbiamo già compreso, a questo punto, la grande differenza tra obiettivi di risultato e obiettivi di prestazione. L’obiettivo di risultato è fuori dal nostro controllo. In quanto tale, genera ansia e spreco di energie. L’obiettivo di prestazione, invece, rientra completamente sotto il controllo dell’atleta. Se si sottopone a un certo numero di ore di allenamento, a un certo regime alimentare, a un certo numero di ore di riposo, l’atleta gradualmente raggiungerà l’obiettivo di prestazione previsto. Questo non significa che gli obiettivi di risultato siano sbagliati e quelli di prestazione giusti. Un obiettivo come la vittoria di una medaglia olimpica, se adeguatamente considerato, può costituire una spinta eccezionale. Ma cosa vuol dire adeguatamente considerato? Vuol dire che l’atleta sa che vuole vincere una medaglia d’oro, ma questo pensiero lo infila in un cassetto della propria mente e lo tiene lì. Se contemplato ogni tanto, quel desiderio diventa fonte eccezionale di motivazione. Se considerato ogni giorno, diventa fonte di stress ed anziché rafforzare l’atleta lo logora e dunque lo indebolisce.
All’inizio della stagione agonistica svolgo sempre un incontro con l’allenatore e il tennista per definire gli obiettivi a 12, 6 e 3 mesi.
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